Stile

Architetti e gioielli: il design del lusso da indossare

Gli architetti sono intelligenze poliedriche, si sa, ma il loro approccio al design del gioiello è piuttosto recente. Anche perché il gioiello, tra gli oggetti di design, ha caratteristiche che lo rendono unico. Prima di tutto è fatto per essere indossato, e quindi deve rispettare regole ergonomiche ben precise. E poi, è simbolo del lusso, non solo dell’eleganza.

Il gioiello tocca i territori dell’arte, del design e dell’artigianato, facendo parte di tutti e tre i campi, eppure conservando sempre una singolare indipendenza.

Da queste premesse parte la preziosa attività di studio di Alba Cappellieri, Professore di Design del Gioiello al Politecnico di Milano, Direttrice del Museo del Gioiello di Vicenza (progettato nell’allestimento dalla designer Patricia Urquiola), e principale studiosa del gioiello in Italia. Ascoltare il format di presentazione del Museo di Vicenza è un approfondimento che consiglio a tutti coloro che sono incuriositi dall’innamoramento tra il mondo dell’architettura e quello dei gioielli.

Un connubio che, seppur iniziato solo negli anni ’50, mostra una prima evoluzione nel secolo scorso: il gioiello costituiva una sorta di manifesto cerebrale di quella che era la produzione di oggetti e architetture. Con il nuovo millennio, invece, i progettisti continuano ad esprimere la loro poetica nei gioielli con una maggiore attenzione all’indossabilità e alla vestibilità.

Architetti e gioielli: gli anni ’50 e ’60

Partiamo dagli anni ‘50 e ‘60: è il periodo dei progettisti colti, sperimentatori, spesso architetti ma anche designer e artisti, che progettano passando con facilità da una scala all’altra.

Fino ad allora i designer italiani non avevano mai preso in considerazione il gioiello: il funzionalismo moderno si occupava più della funzione e del valore sociale del progetto. Un oggetto come il gioiello, legato al lusso, non poteva quindi avere interesse per i maestri del design italiano. La serialità della produzione industriale aveva poco a che fare con qualcosa che ha sempre rappresentato un oggetto esclusivo e distintivo.

A Milano, negli anni in cui veniva progettata e realizzata la Torre Velasca (BBPR, Belgioso, Banfi, Peressutti, Rogers), simbolo del razionalismo del dopoguerra, Roberto Sambonet disegnava per Tiffany nel 1955 il bracciale in argento Toi e Moi. Sobrio, essenziale, funzionale, intelligente. Come l’architettura precedente, senza fronzoli.

A breve distanza, nel 1957, Ettore Sottsass disegna la sua prima spilla in oro che ricorda le sculture di Arnaldo Pomodoro e stupisce per il suo decorativismo, sembrando quasi un gioiello etnico. È l’unico architetto e designer che inizia la sua attività professionale disegnando gioielli, un’eccezione nel panorama del Novecento.

Architetti e gioielli: gli anni ’70 e ’80

Durante gli anni ’70 e ’80 sono le aziende ad invitare architetti e progettisti a disegnare gioielli.
La San Lorenzo, azienda di Milano produttrice di oggetti in argento, guidata dal visionario fondatore Ciro Cacchione, invita alcuni designer a progettare gioielli in argento: non come pezzi unici, ma come serie riproducibili.

Tra questi designer ci sono Franco Albini e Franca Helg che, dopo aver progettato nel 1961 l’allestimento della Metropolitana Milanese e della Rinascente a Roma, nel 1971 disegnano la collana Triangoli in sequenza e a cono. Il loro modo di progettare è soprattutto essenzialità di segno e rigore.

Nel 1984 anche la collezione Cleto Munari produrrà in serie limitata i gioielli dei principali progettisti – internazionali e italiani – come Oscar Tusquets, Michele De Lucchi, Alessandro Mendini, Ettore Sottsass e molti altri.

Da qui in poi in Italia il gioiello avrà finalmente un riconoscimento in quanto oggetto di design internazionale.

Architetti e gioielli: gli anni ’90 e il 2000

Avvicinandoci al nuovo millennio, facciamo ancora un passo in avanti: Gijs Baker, co-fondatore di Droog Design, fonda nel 1996 il marchio Chi ha paura…? (oggi CHP Jewelry). L’idea è di commissionare gioielli che mettano in risalto non tanto il materiale, quanto la creatività del progetto. La collezione può essere comprata online, dirompente novità per l’epoca. È per questo marchio che Konstantin Grcic nel 1997 disegna Moonwalk, una collana fatta di un nastro in PVC con sopra stampata l’intervista a Lady Miss Kir del gruppo musicale Deee-Lite. 

Come per il Novecento, anche per il nuovo millennio possiamo partire dalle opere di Ettore Sottsass.
Gli orecchini Raggi, Pettine, Scacchi, Stonehenge e gli anelli Libro Aperto, Canne, Solitario, per Cleto Munari, solo per citarne alcuni, sono eleganti pezzi in metallo prezioso, oro bianco e giallo, ebano, cristallo e corallo. Confrontiamoli con i suoi pezzi di arredo o lampade Memphis: non ci potrà sfuggire la somiglianza e la capacità di mantenere la ricerca progettuale coerente e pervasiva in tutti i campi della propria attività.

Come gli artisti, anche i designer realizzano il gioiello con i loro stile e linguaggio. Lo fanno attraverso la miniaturizzazione, lasciando da parte elementi come ergonomia, indossabilità e comfort. Come Mendini che, nel 2006, produce Anello Stilema Uno e Due in oro giallo e turchese e sodalite.

Nel 2007 Piergiorgio Robino e Alice C. Occleppo, per lo studio Nucleo, studiano la personalizzazione del gioiello e un nuovo modo di usare e indossare il lusso. Il progetto prevede l’utilizzo di simboli e figure che vengono trasferite nel gioiello in silhouettes bidimensionali, che permettono di mostrare la personalità unica di chi li sceglie.

Antonio Rossetti ed Elviro Di Meo insieme realizzano la collezione ispirata al segno caratterizzante di Carlo Scarpa, in occasione del centenario della nascita dell’architetto veneziano. Un’intera parure in metacrilato, attualmente in vendita e in esposizione in diversi musei e gallerie italiane.

«Il progetto di architettura è come l’acqua; cadendo dal cielo in differenti luoghi questa assume configurazioni diverse e le chiamano: mare, lago, palude, ghiacciaio… Ma il mare, il lago, la palude, il ghiacciaio, sono comunque Acqua».

Con queste parole Antonio Rossetti spiega la trasfigurazione dell’architettura in forme molteplici, ma sempre accomunate dallo stesso linguaggio, capace di generare i nuovi manufatti della contemporaneità. Come, appunto, i gioielli.

Architetti e gioielli: il contemporaneo

Tra i pezzi più recenti, colpiscono le creazioni di Zaha Hadid: nel 2015 il Direttore esecutivo di Bulgari commissiona all’architetto il restyling dell’anello B.zero1.
Nasce il progetto dei due classici anelli Bulgari che, posti agli estremi, vengono connessi da una delicata filigrana tridimensionale.  Anche qui la coerenza di segno e poetica si manifesta a tutte le scale del progetto.

Negli stessi anni Ron Arad prende a prestito dalla produzione industriale la tecnica della sinterizzazione per le sue collezioni, operazione che consente di ottenere prodotti di forma e dimensioni determinate, a partire da materiali polverulenti. L’architetto e designer israeliano realizza creazioni in gran parte contraddistinte da un uso espressionistico del metallo, giocando sulla percezione visiva.

 


Alessandra Esposito è architetto libero professionista dal 1993.
Tra i fondatori di Cliostraat, ha coltivato negli anni una ricerca costante di nuovi orizzonti e collaborazioni con l’idea di accrescere di giorno in giorno quella che ritiene la dote fondamentale di un buon progettista: l’empatia, perché ogni cliente, ogni progetto, ogni cantiere richiede un impegno e una partecipazione specifica.
Divorata dalla curiosità di scoprire, leggere, conoscere, vedere cose belle, è una creativa in lotta con il tempo per riuscire a conciliare lavoro e famiglia (che occupa il primo posto) e ritagliarsi il tempo per coltivare le proprie passioni. Di notte sogna di fare mille lavori diversi: catering con un’amica cuoca, insegnare arte alle scuole medie, disegnare vestiti per bambini, dedicarsi al giardinaggio.
Continua ad inseguire la soddisfazione a tutto campo, non avendola ancora trovata. Ogni giorno riparte alla ricerca “ma il treno dei desideri nei suoi pensieri all’incontrario và”.
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